Associazione che si occupa di disturbi del comportamento alimentare e violenza di genere.

Quando il cibo non è “solo cibo”

Una cosa che non manca mai di rallegrarmi è il cibo. Una cosa che sa mettermi a disagio come poche è sempre il cibo.

Come le due cose possano convivere è un falso mistero, nel senso che in realtà capita a molti, ma è difficile parlarne perché le persone sono strane con il cibo, e dico “strane” per non dire “rompipalle”.

Ops, l’ho detto.

Non me lo rimangio, ma mi spiego meglio.

Esistono persone per cui il cibo è solo cibo. Mangia

no quello che vogliono, quanto ne vogliono, dove lo vogliono. Alla domanda “hai fame?” sanno dare due risposte ben precise, “sì” o “no”. Io faccio parte dell’altro gruppo, quello che risponde: “forse”. E il cibo, per noi, non è “solo cibo”.

Il fatto è che facciamo finta che non sia così, però mangiare non è semplice. Al contrario, è molto complicato. Siamo stati noi a renderlo complicato, trasformando l’atto naturale di mangiare in cose che non c’entrano con il piacere o la necessità di farlo. Per esempio.

Sei una bambina riservata in una famiglia numerosa e rumorosa. Ti senti fuori posto, vieni presa in giro. I tuoi cugini masticano con la bocca aperta. Tuo nonno sputa i semi della frutta in mezzo al tavolo. Una zia toglie la mollica dal pane e ne fa delle palline che poi schiaccia sotto il piatto e sui bicchieri. Il cibo è appena diventato il riflesso esteriore di un disagio interiore. Ogni volta che vedrai qualcuno mangiare mollica – sempre, per il resto della vita – ti verrà da vomitare.

Una nonna insiste per farti mangiare sempre, anche dopo che sei piena. È una tipica nonna, tutta parmigiana e teglie di lasagne. Nutrirti è il suo modo di volerti bene, ecco perché se le dici “non mi va più” “sono a posto”, “non ho molta fame” lei insiste finché tu non cedi. Tu dici “non voglio il cibo” ma lei capisce “non voglio te”. Siccome tu non vuoi offenderla mangi sforzandoti, contro voglia. Hai appena imparato che il cibo può essere usato come ricatto affettivo.

Ma non solo quello. Il cibo può essere un premio – “se fai la brava ti prendo il gelato” – o una punizione – “non sei stata brava, quindi non ti meriti il gelato”. Ad ogni modo, la bambina ha già imparato che mangiare è complicato, e non è ancora diventata adolescente.

“Che paranoie” mi dirà qualcuno (ni, perché natural

mente la bambina sono io). “Pensa a quelli che non hanno da mangiare” mi diranno altri. Ed è per non sentirci dire queste cose che molte (e molti) di noi fingono tutti i giorni che il cibo sia “solo cibo”, anche se non lo è.

La verità è che vi invidiamo. Deve essere bellissimo vedere il cibo come cibo, e non come una fonte di conforto o di sconforto, come un amico o un nemico, come l’oggetto della privazione o del desiderio, come qualcosa che ti dice se sei forte o debole, adeguata o inadeguata. Purtroppo, però, per molte di noi è esattamente così.

Il rapporto con il cibo è intimo, mangiare è la seconda cosa che facciamo appena nati. Il modo in cui mangiamo dipende dal nostro carattere, dalla nostra vita, dalle nostre esperienze. È tutto molto delicato e non ce ne accorgiamo. Ci preoccupiamo di non fumare davanti ai bambini, ma non ci pensiamo due volte a parlare di peso e di diete a tavola. Diciamo cose atroci come “ci sono i bambini in Africa che muoiono di fame” o “se non mangi mi fai piangere” come se fossero normali. Leghiamo l’idea del cibo a quella del dovere, del controllo, della bellezza, della colpa, e poi ci stupiamo se da qualche parte, in qualcuno, qualcosa si rompe, e non riesce più a separare queste cose dal semplice e naturale atto di mangiare. 

Parlo di bulimia, anoressia, obesità. Cose serissime, affatto superficiali, e meno evidenti di quel che si pensa. Ma parlo anche di chi deve sempre stare attenta a cosa mangia per non ingrassare, e di chi invece a ingrassare non ci riesce; di chi soffre di fame nervosa; di chi è molto schizzinosa e cenare in compagnia può diventare un incubo; di chi adora mangiare e se ne frega della linea, ma gli altri se ne preoccupano per lei (“con quel culo si dovrebbe limitare!”); di chi fa scelte alimentari difficili, che segue secondo la propria coscienza, e deve sentirsi prendere in giro da onnivori senza niente di meglio da fare.

Se credete che qualcuno a cui volete bene abbia problemi gravi con il cibo, affrontate la questione con rispetto. Se qualcuno ha abitudini alimentari che non condividete o vi sembrano stupide, abbiate rispetto comunque, o state zitti.

Il cibo non è “solo cibo”, per alcune di noi. Il cibo può essere fonte di dubbi, ricordi, autocommiserazioni, rimorsi, tentazioni, pensieri, tormenti, traguardi, indulgenza, coraggio, soddisfazioni. È complicato, ve lo garantisco. Noi possiamo impegnarci per rilassarci. Voi potete aiutarci non rendendolo un incubo.

 

Eleonora Caruso – Freedamedia.it