Associazione che si occupa di disturbi del comportamento alimentare e violenza di genere.

Siamo Stufe del Body Shaming

La prossima volta che qualcuno dirà che le donne sono libere di essere ciò che vogliono e che non esistono più canoni di bellezza opprimenti, gli racconteremo la storia dell’addio al nubilato di Chiara Ferragni, che si è svolto questo weekend a Ibiza.

Partiamo dall’inizio, da circa un anno fa, quando Chiara ha annunciato di essere incinta. Abbiamo passato mesi a veder circolare meme, che la ritraevano in costume al quinto o sesto mese di gravidanza, accompagnati da diverse variazioni sul tema “io sono così dopo che ho mangiato un piatto di pasta”. Il senso era: non sembra incinta, una donna incinta deve mettere su peso, assumere una forma fisica ben precisa, fin da subito. Facciamo un salto temporale, e arriviamo a venerdì sera: Chiara ha partorito da quattro mesi, è appena arrivata a Ibiza e posta una foto in cui indossa un bel vestito in latex che, come è naturale che sia, la fascia, facendo semplicemente intravedere le sue forme. Risultato? Fioccano commenti di follower che le chiedono se per caso non è di nuovo incinta. E lei saggiamente risponde: “no, lasciatemi il tempo di tornare come ero prima. Ho avuto un bambino quattro mesi fa.”

Ora, i commenti a questa foto di Chiara Ferragni non sono che la punta di un iceberg che ciclicamente emerge, ogni volta che una donna che ha un minimo di notorietà mette su qualche chilo. Rihanna, Amy Shumer, Beyoncé – per citarne solo alcune recenti – si sono sentite tutte rivolgere dai media, direttamente o indirettamente, la fatidica domanda: “ma sei incinta?”. E prendiamo in considerazione le celebrità solo perché sono riferimenti comuni, su cui possiamo intenderci facilmente, perché la verità è che questo tipo di domanda viene rivolto spesso a donne di età compresa tra i 20 e i 40 anni che sono semplicemente ingrassate un po’. Succede perché siamo ancora vittime (tutti) di una serie di canoni concettuali ed estetici: una donna è in forma quando è magra, e se non è sufficientemente magra allora può essere solo incinta.

Ma torniamo alla nostra storia: a due giorni da quei commenti, il Corriere Della Sera pubblica un articolo sull’addio al nubilato di Chiara Ferragni, analizzando una foto che la ritrae con le sue amiche a bordo piscina. Il titolo iniziale dell’articolo è: Chiara Ferragni, i capelli rosa e le amiche sosia (rotonde e felici). L’articolo, firmato da una donna, afferma che le ragazze sono, sostanzialmente, un tentativo di imitazione della Ferragni, mal riuscito perché in realtà non sono in forma come lei (lei che, sottolinea sempre l’articolo, tra l’altro si porta ancora dietro qualche chilo dalla gravidanza).

Indossano un costumino rosso sgambatissimo che sembra rubato alla bagnina Pamela Anderson, se non fosse che quello era il 1989 e che oggi sul petto c’è l’hasthag #chiaratakeibiza. Tutte adottano anche la stessa posa, con i bei fianchi, spinti un po’ su (il trucco è il piedino a punta, stile Barbie). Anche Chiara ostenta felice i suoi cinque chili guadagnati con la maternità (e intanto il piccolo Leone è già brand pure lui #leoncinomio) che semmai perderà «con calma», si affretta a sottolineare su Instagram.

Giustamente indignata, Chiara Ferragni commenta sul suo profilo Instagram il titolo e il contenuto dell’articolo e lancia #BodyShamingIsForLosers. Il Corriere tenta di correggere il tiro modificando diverse volte il titolo e le ragazze passano dall’essere “sosia e rotonde”, all’essere “sosia ed atletiche”, e infine “solamente sosia”.

Potremmo stare qui ad osservare che le amiche di Chiara Ferragni non sono rotonde, che sono tutte diverse tra loro e proprio per questo belle, ma avrebbe davvero senso? No. Significherebbe abbracciare ancora quel modo di ragionare che fa del peso e dell’estetica un argomento di conversazione, promuovendo canoni irreali, che colpiscono tutte le ragazze del mondo, facendole sentire sbagliate. Se davvero vogliamo combattere il bodyshaming forse dovremmo ammettere che il nostro rapporto con il corpo femminile è ancora problematico, e iniziare a lavorare attivamente per risolvere questo problema. Come? Ad esempio contribuendo a promuovere una nuova idea di bellezza, basata sulla differenza e non sull’omologazione, smettendo di parlare compulsivamente di ogni cambiamento di peso. E diciamolo di nuovo: abbiamo il diritto di essere vere e normali, di prenderci il tempo che ci serve per cambiare (se vogliamo) una forma fisica che deve piacere solo a noi e al nostro medico.

 

Fonte Freeda