“Tutto quello che si fa lo si vuole condividere subito. Senza pensare alle conseguenze che ricadranno su di sé né tantomeno sugli altri. La tecnologia ci permette di vivere tutto in modo mediato, anche la paura e o un evento traumatico, e quindi di non viverlo sulla pelle, perché il corpo in questa dimensione non è presente. Non ci sono emozioni in quello spazio virtuale, e nulla è realmente condiviso. È mostrato, punto. Quando un adolescente filma qualcosa in realtà non sta provando alcuna emozione reale – dichiara Giuseppe Lavenia, Presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te.
Avendo sempre la tecnologia a disposizione i rapporti face-to-face non esistono più ed i ragazzi durante la giornata non hanno più il tempo di svolgere alcuna attività, condizione che facilita la ricerca di socializzazione nelle ore notturne, da qui nasce il Vamping. Fenomeno in notevole aumento, proprio per questo i genitori hanno il dovere di vigilare sull’utilizzo che i loro figli fanno della tecnologia”. Al giorno d’oggi si ricorre al ‘click’ con molta superficialità, un click agito ma non pensato che non porta gli artefici a ragionare sulle conseguenze che può generare quel gesto – dichiara Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta e ricercatore Università degli studi di Milano. Si clicca sotto una pulsione emotiva, agendo in maniera del tutto inconsapevole.
Le statistiche ci mostrano che il 30% di coloro che sono stati vittime di cyberbullismo diventano a loro volta dei cyberbulli. Assistiamo al passaggio da vittima a carnefice. Internet non fa distinzione. E’ un luogo dove tutto è accessibile a tutti allo stesso modo, la stessa risposta e informazione cercata sul web è fruibile indistintamente sia per il bambino che per l’adulto”. “Lo stress derivante dal non maneggiare correttamente la tecnologia ha delle ripercussioni anche sulla nostra salute. Dobbiamo prenderci più cura di noi stessi. E’ giusto chiederci qual è il prezzo da pagare per essere così abili con la tecnologia– dichiara Massimo Gualerzi, prof. Università studi di Padova, esperto di salute. Il rischio è quello di mettere in secondo piano i nostri bisogni perché anestetizzati dalla nostra routine. Dobbiamo imparare a riconoscere i segnali che il nostro corpo ci manda.
Ogni tanto è necessario prendersi una pausa, staccare la spina e chiedersi cosa veramente vogliamo. Quando siamo immersi nei nostri pensieri tendiamo a mettere in secondo piano e a non considerare i nostri bisogni. Oggi siamo circondati da un eccessivo e cattivo utilizzo della tecnologia, molto spesso anche in età troppo precoce, che può condizionare e alterare i nostri bioritmi. Oggi non seguiamo più il flusso della giornata. Quante volte si salta il pranzo o alteriamo l’orario per andare a letto pensando di approfittare delle ore serali per lavorare? Questo stress il nostro corpo non ce lo rende ‘gratuitamente'”.
“Le dipendenze tecnologiche, da internet, smartphone e tablet, saranno le malattie mentali del futuro. Per questo ritengo importante che si parli di una legge anche per le dipendenze tecnologiche. Noi come associazione, grazie al supporto di psicoterapeuti attenti e competenti, che hanno maturato in molti anni e direttamente sul campo l’expertise nel trattamento delle patologie internet correlate, affrontiamo il disagio psicologico e sociale a cui queste conducono sempre più di frequente; partendo dalla consapevolezza che la tecnologia, i social network, gli smartphone, i tablet e la rete hanno un ruolo di primo piano nella quotidianità di tanti, a qualsiasi età. Di recente l’Associazione Di.Te. ha istituito il numero verde 800770960, attivo dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 20.00, per offrire una consulenza specialistica gratuita alle persone che soffrono di disagi causati dalle dipendenze tecnologiche, gioco d’azzardo e Cyberbullismo”, conclude Giuseppe Lavenia, Presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te.
Fonte (Quotidiano Sanità)